Riccardo Biseo
arrangiamenti, direzione artistica, pianoforte e tastiere
Silvio Ariotta contrabbasso e bassi elettrici
Ismaele Rocca batteria
Vito Procopio sax alto e tenore
Franco Catricalà basso elettrico
Lucio Ranieri fonico
Grazie a:
Pino Pavone, e a prescindere dall'aver messo a disposizione il materiale inedito di Piero Ciampi, e a Giorgio Biseo.
Un pensiero affettuoso a mio padre.
La storia non nasce con Piero Ciampi. Nasce con un uomo che aveva i baffi e le scarpe che s’incrociavano da sole. Un giorno si sedette al pianoforte di casa mia senza cantare. Non ricordo se glielo chiese mio padre oppure mia madre, ma ricordo che dovettero insistere. I ciampiani non amano cantare sempre; alcune volte s’infastidiscono. Quel giorno, però, Pino volle suonare, per lo più i tasti bianchi, i tasti neri mai. Avevo forse 13 anni. Cantò Questione d’abitudine: un’emozione forte, molto forte. Fui così coinvolto da quell’ascolto che ebbi quasi pena per l’uomo. Pensai: possibile che ci si possa sentire così soli?
Molti anni dopo scoprii che aveva ragione. Pino, quando parla, ha gli occhi che si muovono e cambiano spesso colore. Bisogna stare attenti agli uomini che muovono gli occhi quando parlano: usano “parole come fili di corrente”, salutano soltanto all’arrivo e puntano dritti al cielo. Scrivere è ispirazione, è emozione, è assenza, rigore e tante altre cose. Mi ha insegnato che è un brindisi tra timidezza e verità, bene e male, diavolo e acqua santa.
Ho deciso di cantare Ciampi Pavone perché Piero Ciampi è stato anche Pino Pavone, ed io ho avuto la fortuna di viverlo da testimone. Tra me e lui non c’è stato mai spazio per le lacrime, né tempo per la memoria: abbiamo vissuto insieme l’estasi della prossima canzone e, subito dopo, della parola giusta. Sapeste quante volte siamo morti insieme: di versi al telefono, di accordi senza nome, di “centrocampisti dai passaggi lenti”, di canzoni ascoltate per la prima volta in macchina. Amico maledetto, “se la vita che cerchi è la mano del vento, quando ai fiori dell’anno mancheranno gli assenti, se il castello di paglia brucerà sulla pelle… gli occhi saranno sangue di stelle”.
Il Rebus a picco sul mare di Caminia
Il “Rebus” è un locale a picco sul mare di Caminia, uno dei posti magici di quella Calabria che Piero definì “un’isola”. Paolo Conte ci andò una sera di tanti anni fa e gli dedicò una bellissima canzone: “cercando di te in un vecchio caffè ho visto uno specchio e dentro ho visto il mare… ah che rebus, ah che rebus”. I Carpanzano, mitici proprietari del locale notturno, mi raccontarono che Piero, nelle estati calabresi, mandato a letto Pino Pavone (che non ha mai amato fare tardi) e bevuto tutto quello che c’era da bere, in assenza di vino, fu sorpreso dietro il bancone del Rebus a bere l’aceto! Qualche tempo dopo, negli anni Ottanta, entrando nello stesso locale, sentii una canzone di Zucchero che faceva: “il mare al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle… se la chiavò”. Dissi subito a Papi, mio grande amico: “È una poesia di Piero”. E lui: “Hai rotto le palle! Possibile che vedi Piero Ciampi da tutte le parti?”. Ed io: “Giuro che è una poesia di Piero!”. Conoscevo tutte le sue poesie. Seppi, dopo qualche tempo, che Zucchero pagò dei soldi per non rivelare chi fosse l’autore di quei versi rubati per il suo tormentone estivo.
Tra Piero e Pino
Non ricordo chi disse che la vita è l’arte dell’incontro. Chi sarebbe stato ognuno di noi se non avesse conosciuto qualcuno? Oppure qualcuna. La donna che abbiamo amato ha arato così tanto la nostra vita, al punto che i nostri nuovi incontri sono rimasti per sempre terrorizzati dal pericolo di un altro amore.
Sul divano di una casa in cima al golfo di Squillace, Pino mi disse un giorno che A passeggio con mia figlia (non si è mai capita la ragione per cui come titolo venne preferito Bambino mio) narrava di una domenica trascorsa con la figlia Camilla. Piero, affascinato da quella storia, pur avendo partecipato alla stesura del testo, non si capacitava del fatto che un’emozione così forte non fosse interamente sua. Decise, dunque, di scrivere “L’incontro” riferito a sua figlia Mira. Ecco come è nato uno dei testi più struggenti della canzone d’autore italiana.
Anche In un palazzo di giustizia non era una storia sua. È un testo di Pino, al quale Piero aggiunse: “Io ti sparo tu mi spari … ho chiamato una carrozza che si porti via il passato … tu sei pazza vuoi spiegare una vita con due frasi”. Scusate se è poco. Del resto, non era mai stato in tribunale: lei si separava “con la testa, lui con il cuore”.
E poi ci sono i ciampiani: una razza sparsa per un territorio che va da Livorno fino alla Palestina, dove “Cristo consegna il passaporto al primo venuto”. Gente con un’astinenza di scontri con la vita. Non quella di tutti i giorni: delle bugie, del clamore, della banalità, dell’omologazione del gusto, del compromesso dell’anima. Per loro, vale la pena di fare la guerra solo contro la vita che non si fa vedere oppure che non si fa sentire. Il loro metro quadrato è sacro. Il cane si chiama Buio, “quel cane nero… anima da salvare”.
Questi poeti è un brano di Pino la cui idea è nata da un manoscritto di poesie inedite di Piero, ritrovate dopo la sua morte. Il titolo della raccolta era Attendevo un addio.
Figlia di mare è un inedito, allo stesso modo legato ad alcuni scritti ritrovati nella valigia che Piero lasciò a casa di Pino prima di morire: “la sera scende in fondo al cuore” – “ricordo gesti” – “nella torre non c’era nessuno così un Gesù Cristo, che non aveva la croce, consegnò il passaporto al primo venuto”.
In un palazzo di giustizia
Ciampi-Pavone-MarchettiRaptus
Ciampi-Pavone-MarchettiA passeggio con mia figlia (bambino mio)
Ciampi-Pavone-MarchettiIl natale è il 24
Ciampi-Pavone-MarchettiQuaranta soldati quaranta sorelle
Ciampi-MarchettiTu no
Ciampi-MarchettiMaledetti amici
testo e musica di Pino PavoneFiglia di mare
Pavone-FonteQuesti poeti
Pavone-FonteL'amore è tutto qui
Ciampi-Pavone-Marchetti