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Le canzoni di Piero Ciampi e Pino Pavone

Squilibri Editore, 2020


Crediti

 

Riccardo Biseo
arrangiamenti, direzione artistica, pianoforte e tastiere
Silvio Ariotta contrabbasso e bassi elettrici
Ismaele Rocca batteria
Vito Procopio sax alto e tenore
Franco Catricalà basso elettrico
Lucio Ranieri fonico

Grazie a:


Pino Pavone, e a prescindere dall'aver messo a disposizione il materiale inedito di Piero Ciampi, e a Giorgio Biseo.

Un pensiero affettuoso a mio padre.

Un uomo con i baffi

Peppe Fonte

La storia non nasce con Piero Ciampi. Nasce con un uomo che aveva i baffi e le scarpe che s’incrociavano da sole. Un giorno si sedette al pianoforte di casa mia senza cantare. Non ricordo se glielo chiese mio padre oppure mia madre, ma ricordo che dovettero insistere. I ciampiani non amano cantare sempre; alcune volte s’infastidiscono. Quel giorno, però, Pino volle suonare, per lo più i tasti bianchi, i tasti neri mai. Avevo forse 13 anni. Cantò Questione d’abitudine: un’emozione forte, molto forte. Fui così coinvolto da quell’ascolto che ebbi quasi pena per l’uomo. Pensai: possibile che ci si possa sentire così soli?

Molti anni dopo scoprii che aveva ragione. Pino, quando parla, ha gli occhi che si muovono e cambiano spesso colore. Bisogna stare attenti agli uomini che muovono gli occhi quando parlano: usano “parole come fili di corrente”, salutano soltanto all’arrivo e puntano dritti al cielo. Scrivere è ispirazione, è emozione, è assenza, rigore e tante altre cose. Mi ha insegnato che è un brindisi tra timidezza e verità, bene e male, diavolo e acqua santa.

Ho deciso di cantare Ciampi Pavone perché Piero Ciampi è stato anche Pino Pavone, ed io ho avuto la fortuna di viverlo da testimone. Tra me e lui non c’è stato mai spazio per le lacrime, né tempo per la memoria: abbiamo vissuto insieme l’estasi della prossima canzone e, subito dopo, della parola giusta. Sapeste quante volte siamo morti insieme: di versi al telefono, di accordi senza nome, di “centrocampisti dai passaggi lenti”, di canzoni ascoltate per la prima volta in macchina. Amico maledetto, “se la vita che cerchi è la mano del vento, quando ai fiori dell’anno mancheranno gli assenti, se il castello di paglia brucerà sulla pelle… gli occhi saranno sangue di stelle”.

Il Rebus a picco sul mare di Caminia

Il “Rebus” è un locale a picco sul mare di Caminia, uno dei posti magici di quella Calabria che Piero definì “un’isola”. Paolo Conte ci andò una sera di tanti anni fa e gli dedicò una bellissima canzone: “cercando di te in un vecchio caffè ho visto uno specchio e dentro ho visto il mare… ah che rebus, ah che rebus”. I Carpanzano, mitici proprietari del locale notturno, mi raccontarono che Piero, nelle estati calabresi, mandato a letto Pino Pavone (che non ha mai amato fare tardi) e bevuto tutto quello che c’era da bere, in assenza di vino, fu sorpreso dietro il bancone del Rebus a bere l’aceto! Qualche tempo dopo, negli anni Ottanta, entrando nello stesso locale, sentii una canzone di Zucchero che faceva: “il mare al tramonto salì sulla luna e dietro una tendina di stelle… se la chiavò”. Dissi subito a Papi, mio grande amico: “È una poesia di Piero”. E lui: “Hai rotto le palle! Possibile che vedi Piero Ciampi da tutte le parti?”. Ed io: “Giuro che è una poesia di Piero!”. Conoscevo tutte le sue poesie. Seppi, dopo qualche tempo, che Zucchero pagò dei soldi per non rivelare chi fosse l’autore di quei versi rubati per il suo tormentone estivo.

Tra Piero e Pino

Non ricordo chi disse che la vita è l’arte dell’incontro. Chi sarebbe stato ognuno di noi se non avesse conosciuto qualcuno? Oppure qualcuna. La donna che abbiamo amato ha arato così tanto la nostra vita, al punto che i nostri nuovi incontri sono rimasti per sempre terrorizzati dal pericolo di un altro amore.

Sul divano di una casa in cima al golfo di Squillace, Pino mi disse un giorno che A passeggio con mia figlia (non si è mai capita la ragione per cui come titolo venne preferito Bambino mio) narrava di una domenica trascorsa con la figlia Camilla. Piero, affascinato da quella storia, pur avendo partecipato alla stesura del testo, non si capacitava del fatto che un’emozione così forte non fosse interamente sua. Decise, dunque, di scrivere “L’incontro” riferito a sua figlia Mira. Ecco come è nato uno dei testi più struggenti della canzone d’autore italiana.

Anche In un palazzo di giustizia non era una storia sua. È un testo di Pino, al quale Piero aggiunse: “Io ti sparo tu mi spari … ho chiamato una carrozza che si porti via il passato … tu sei pazza vuoi spiegare una vita con due frasi”. Scusate se è poco. Del resto, non era mai stato in tribunale: lei si separava “con la testa, lui con il cuore”.

E poi ci sono i ciampiani: una razza sparsa per un territorio che va da Livorno fino alla Palestina, dove “Cristo consegna il passaporto al primo venuto”. Gente con un’astinenza di scontri con la vita. Non quella di tutti i giorni: delle bugie, del clamore, della banalità, dell’omologazione del gusto, del compromesso dell’anima. Per loro, vale la pena di fare la guerra solo contro la vita che non si fa vedere oppure che non si fa sentire. Il loro metro quadrato è sacro. Il cane si chiama Buio, “quel cane nero… anima da salvare”.

Questi poeti è un brano di Pino la cui idea è nata da un manoscritto di poesie inedite di Piero, ritrovate dopo la sua morte. Il titolo della raccolta era Attendevo un addio.

Figlia di mare è un inedito, allo stesso modo legato ad alcuni scritti ritrovati nella valigia che Piero lasciò a casa di Pino prima di morire: “la sera scende in fondo al cuore” – “ricordo gesti” – “nella torre non c’era nessuno così un Gesù Cristo, che non aveva la croce, consegnò il passaporto al primo venuto”.

Testi

 

In un palazzo di giustizia

Ciampi-Pavone-Marchetti


Siamo seduti in una stanza
di un palazzo di giustizia
ci guardiamo di sfuggita
io ti sparo tu mi spari
io ti sparo tu mi spari

Tu ti alzi all’improvviso
non sei più quella di prima
un usciere indisponente
ti sospinge tra la gente
ti sospinge tra la gente

Tu mi provochi di nuovo
tu mi guardi spaventata
mi coinvolgi un’altra volta
la tua astuzia è misteriosa
forse tu non ne sai niente
forse tu non ne sai niente

Ho chiamato una carrozza
che si porti via il passato
sei salita con rancore
uno sguardo e tu sei scesa
dopo un attimo sei scesa

Qui ci prende la paura
ci sembrava tutto strano
è tra ben diverse mura
che cercavi la mia mano
che cercavo la tua mano
siamo seduti in una stanza
di un palazzo di giustizia
tu sei pazza vuoi spiegare
una vita con due frasi


Raptus

Ciampi-Pavone-Marchetti


Avvocato
ti aspettavo
mi affido a te
tirami fuori

Capisco
che è molto grave
cercherò di essere preciso
cercherò di ricordare…

La sabbia era fresca
sulla riva del mare
la spiaggia deserta
la voglia di amare

Distesa felice
mi tendeva la mano
io senza pensieri
guardavo lontano

Guardavo sottocchio
il suo seno scoperto
le sue gambe nude
l’attesa un tormento

Distratto lo sguardo
in un placido volo
catturai nella luce
l’ombra di un uomo

Scattai come un arco
la morte nel cuore
sicuro di perdere
tutto e l’amore

Un colpo preciso
nel centro degli occhi
lo vidi cadere
sembrava una statua
Il sole era caldo

di colpo svanì
non so come avvenne
ma è stato così
Mi raccomando a te
avvocato
tirami fuori

Mi raccomando a te
tirami fuori
tirami fuori


A passeggio con mia figlia (bambino mio)

Ciampi-Pavone-Marchetti


Piano piano
per la strada
tu mi tieni
per la mano
Caro caro
nel giardino
tu mi vieni
più vicino
Forte forte
con amore
tu ti stringi
sul mio cuore
Senti senti
vuoi tornare
da quell’uomo
dei palloni?
Piano piano
dici sì
poi finisce
tutto qui
Lento lento
passa il tempo
non so proprio
cosa fare
Tu capisci
e vai a giocare
col bambino
più vicino
Quando vedi
che ti guardo
tu fai finta
di volare
Fai due passi
tocchi terra
per il mio
compiacimento
Io ti guardo
faccio sì
poi finisce
tutto qui
Piano piano
viene sera
tu mi tieni
per la mano
Senza dire
una parola
noi sappiamo
ritornare
Forte forte
con amore
tu ti stringi
sul mio cuore
Senti senti
mi fai tu
c’è la mamma
vieni su
Torna presto
faccio sì
poi finisce
tutto qui



Il natale è il 24

Ciampi-Pavone-Marchetti


È natale il 24
non riesco più a contare
la vita va così
ho una folle tentazione
di fermarmi a una stazione
senza amici e senza amore
Mio fratello è all’ospedale
sono giorni che sta male
la madre non l’ha più
anche pino è separato
Elio al gioco si è sparato
mi stupisco sempre più

Io vado
quando sono abbandonato
vado in cerca di una donna
senza danni
sento
quelle volte che non pago
che rimane pure amore
per un’ora

Ma il mattino mi consegna
Francescangelo drogato
non mi conosce più
per vederci un poco chiaro
bevo un litro molto amaro
sono dentro a un’osteria

Il natale è il 24
Gianna ha un cuore molto strano
la vita va così
ho una folle tentazione
di fermarmi a una stazione
senza amici e senza amore

Il natale è il 24



Quaranta soldati quaranta sorelle

Ciampi-Marchetti


Sulla radura quaranta sorelle
Facevano quiete la loro merenda
I candidi veli si alzavano al vento
Scherzando con l’erba felice del gioco

Poco distanti quaranta soldati
Pulivano assorti i loro fucili
Con gesto preciso tendevano il braccio
Stringendo le dita sul collo dell’arma

Un cacciatore ansioso di preda
Esplose uno sparo mettendoli in fuga
Cambiando il destino a ottanta infelici
Quaranta soldati, quaranta sorelle

Sulla radura giacciono infatti
Quaranta fucili e poche ciliegie
Quaranta soldati, quaranta sorelle
Fuggirono insieme cercando fortuna

Tu no

Ciampi-Marchetti


Tu no, tu no, tu no
Tu non puoi andare via
Tu non devi andare via
Tu no, amore, no
Anche se ti ho fatto male
Anche se ti ho esasperata
Tu no, tu no, tu no
Sono a tua disposizione
Per la vita e per il cuore
Tu no, tu no

Tu no, amore, no
Ti ricordi via Macrobio?
Qualche volta eri felice
Tu no, tu no, tu no
Sedevamo nel giardino
Mi ascoltavi con amore
Tu no, amore, no
Tu che sai tutto di me
Tu che hai la mia fiducia
Tu no, amore, no, tu no

Tu no, tu no, tu no
Sì lo so che non ho niente
Sì lo so che ti ho delusa
Ma tu, amore, tu
Hai amato i miei silenzi
Hai capito i miei discorsi
Tu no, tu no, tu no
I milioni di rinunce
Che ti ho fatto sopportare
Le ho pagate care

Tu no, amore, no
È difficile capirsi
È difficile aiutarsi
Lo so, è colpa mia
Io non ho mai fatto niente
Per condurre la tua vita
Ma tu devi saperlo:
Io non so più come fare
Non capisco questa vita

Tu no, amore no, tu no
Tu no, aspetta, no
Se non so farti felice
Anche se continuo a bere
Tu no, amore, no
Tu mi devi star vicina
Perché ormai io sono fuori
Tu no, amore no
Qualche cosa te l’ho data
Se mi guardi con quegli occhi
Tu no, tu no, tu no


Maledetti amici

testo e musica di Pino Pavone


Maledetti amici
dove siete andati questa sera
maledetti amici
vi offro la mia casa e la mia cena
maledetti amici più di così
non posso no
lasciatemi un messaggio
che vi richiamerò

Maledetti amici
parole come fili di corrente
tra una vecchia storia di puttane
ed un giro di tressette
e quel cane nero
anima da salvare
canta amico mio canta
continua a cantare

Maledetti amici
ho perso di vista anche una moglie
con quelle partite la domenica
della roma e del livorno
con quei brindisi al diavolo
al diavolo della fantasia
momenti di misericordia
eppure di magia

Tenetevi più stretti
nel traffico degli abiti da sera
negli amori sfrattati
oppure quando arriva primavera
sarà che sono dentro
però, però mi sento fuori
il pittore è l’unico
che sceglie i suoi colori

Fatevi vivi qualche volta
fatevi vivi qualche sera
se la vita vi sembra dura
e la casa una galera
incontriamoci ancora
coi nostri pentimenti
amici miei carissimi
amici maledetti


Figlia di mare

Pavone-Fonte


Dove andare
forse andare
mentre la luna
si perde nel fosso
Ricordi i gesti
che sembra ieri
veloci come
acqua da bere
Amore scuro
che sai di sale
non sei felice
figlia di mare
La sera scende
in fondo al cuore
figlia di mare
mare che muore
Se la vita che cerchi
è la mano del vento
quando ai fiori dell'anno
mancheranno gli assenti
se il castello di paglia
brucerà sulla pelle
gli occhi saranno
sangue di stelle
Al ritorno
sei seduta in giardino
io mi fermo a guardarti
ma il tuo corpo dov'è
Nella torre
non rimane nessuno
Cristo consegna la croce
al primo venuto
Amore scuro
che sai di sale
non sei felice figlia di mare
Se la vita che cerchi
è la mano del vento
quando ai fiori dell'anno
mancheranno gli assenti
se il castello di paglia
brucerà sulla pelle
gli occhi saranno
sangue di stelle
Gli occhi saranno
sangue di stelle


Questi poeti

Pavone-Fonte


Non portano segni visibili
né sorrisi facili
ma lo capisci subito
che sono cazzi acidi
La vita è una coperta
un premio di stagione
figli di madre nobile
ma debole di cuore

Disegnano i pensieri
pure nei ristoranti
per ridurre le pretese
verginità costanti

Non conoscono regole
né linguaggi fioriti
un poco sono donne
un po’ sono mariti

Questi poeti
non hanno sorelle
malinconici e testardi
incrocio delle stelle
con la rabbia
questi poeti
senza secondi tempi
centrocampisti dai passaggi lenti

Poeti in paranoia
che vanno in processione
sulle promesse fragili
del Dio delle canzoni

Sputano la pazienza
nei luridi portoni
e se ci parli troppo
si rompono i coglioni

Questi poeti
non hanno sorelle
malinconici e bastardi
incrocio delle stelle con la rabbia
questi poeti
dai sentimenti forti
sono più vivi quando sono morti

Stanno dentro una pagina
oppure nei dintorni
poeti allo sbaraglio
e sempre senza soldi
poeti amici
poeti fidanzati
questi poeti
che annegano i pirati
questi poeti
che sognano un addio


L'amore è tutto qui

Ciampi-Pavone-Marchetti


Se sono solo come mai
non ho una lira e tu lo sai
perdonami

Sono uno strano uomo che
può frequentare solo te
abbracciami

Non sono morto e tu lo sai
se ti procuro tanti guai
perdonami

Il dolce non lo mangi mai
ma qualche volta ti rifai
abbracciami

Tutte le cose che non hai
accanto a me le troverai
nel mondo delle illusioni
tu vai sicura vai così
perché io sono sempre qui
qui

HIDE