Arrangiamenti
Andrea Terrinoni
Sciopero di un'idea, Figlio di Zorro, L'amore di nuovo, I sogni dei figli
Giuseppe Tassoni
Chissà se è tardi, Keep the beat, Io non ci sono più, Quello che ti dirò
Pietro Aldieri
Ombrelli soli
Peppe Fonte
Straordinariamente
I musicisti
Giuseppe Tassoni pianoforte e tastiere
Pietro Aldieri chitarre
Raffaele Trapasso contrabbasso
Gigi Giordano batteria
Marco Conti sax
Franco Catricalà basso
Lucio Ranieri fonico
Registrato presso gli studi Yara Records, Catanzaro
Fotografie
Anna Bruscaglin
Sonia Martello
Dipinti
Beppe Stasi
Ci incontrammo in una trattoria. La cena è stato il tempo necessario per capire che potevamo assentarci dagli altri e parlare nel dialetto della nostra terra. Mi piacque il suo modo elegante di raccontare l’arte del dipingere. L’espressione artistica ed aristocratica delle sue immagini che, improvvisamente, come per incanto, comparvero da sotto il tavolo della trattoria. Ho capito che la mia musica e le sue opere potevano viaggiare insieme. Non mi chiedete perché. Dovrei dirvi che ci sono giorni che vale la pena di uscire. Oppure dovrei dirvi che la vita è l’arte dell’incontro. Ma sarebbe anche questo banale. I cavalli di razza hanno andatura sicura, spalle larghe e non importa quando arriveranno agli altri. Arriva Beppe Stasi, diamine se arriva.
I trattamenti finali, spesso, ci danno la dimensione dei nostri errori. A volte, nella sproporzione dei reciproci sentimenti si annidano le bugie dell’amore. L’ultimo giorno è un pezzo di strada corto, con i sanpietrini saltati ed i metri finali contati. L’ultimo giorno è ultimo per un anno soltanto. È l’unico giorno in cui è consentito pensare. E tutto quello che passa si può pure dimenticare. Tanto che importa, ce n’è un altro che arriva e si potrà cambiare. L’ultimo giorno che mi ricordo ho visto la mia pelle passare dentro i miei vecchi vestiti che ho perso. E non mi ricordo l’anno. A volte, l’ultimo giorno è solo un modo come un altro per andare oltre. Dove? E dove non lo so. Intanto, domani sarà già il primo giorno. Ed io vorrei avere la stessa voglia di sognare, ma non una voglia qualunque, solo quella di adesso, quella dell’ultimo giorno…
Nel respirare aria di festosa attesa odo lo sforzo di vuote salite. L’ora, che veloce mi porta, grida il gemito del lontanissimo vicino. Gli aghi del simbolo, nell’atto di scendere, restano. Perché di cadere non hanno più voglia. Mentre l’attimo dell’eterno filo, incredulo, simula il suo momento. Il mattino è sempre un’ipotesi. Il giorno è quello che sei. La sera, con il suo fantasma, scende uguale. Nell’imbarazzo di chi non ha fatto in tempo. È stato a questo punto che, a costo di impazzire, ho voluto capire, tentando anche di amare. Ma non sarà mai la notte di un altro a darmi la strada di un sogno.
Il pianoforte è donna. L’unica che resiste. È la clessidra della mia memoria. Mi aspetta a casa la sera e non mi chiede mai dove sono stato e con chi. È una puttana seduta. Sì, perché si fa mettere le mani addosso da tutti. Ma io non sono geloso. Perché suona, suona, suona l’accordo per me e per voi, qui, stasera.
D’amore si scrive nel bene e nel male. Si scrive perché si ama. Oppure perché è finito l’amore. Chissà quali sono le canzoni più belle? Quelle dell’amore perduto? Oppure quelle dell’amore vissuto?
Nella mia città in uno dei luoghi storici della gioventù, i giardini di San Leonardo, esiste, da sempre, un appuntamento dei giovani con la sera. Spesso, nel tempo, mi è capitato di ritrovare, impressa nella memoria, l’immagine di questa folla di ragazzi, ferma e confusa in mezzo alla strada. Non s’è mai capita la ragione, il perché, di questa puntualissima macchia di giovani della sera. La verità è un’altra: sulle panchine di quei giardini per molti di noi c’è stato il tempo per tutto. Anche il tempo per ascoltare la voce, qualunque, di coloro che per una vita intera hanno tentato, invano, di salire sul carro dei sogni. Ed è proprio lì, in questa terra di nessuno della mia città che mi è capitato, a volte, di ascoltare i versi, muti ed annoiati, dei poeti di Stratò.
Ci sono giorni in cui sentiamo più forte il ritmo del tempo che scorre. Al punto che una giornata che passa ci sembra il riassunto di tutto ciò che abbiamo vissuto e che, spesso, non abbiamo capito. Sono questi i giorni in cui dovremmo lasciare tutto da parte: il lavoro, il dovere, la voglia di arrivare. E, perché no?, anche il dispiacere che proviamo a non andare d’accordo con gli altri. Quante volte abbiamo pensato di essere finiti male, ed invece, eravamo, soltanto, davanti ad una giornata sbagliata. Ogni giorno che passa è sempre un capolinea. Il capolinea è un posto meraviglioso. È come il giorno. Riparte sempre uguale. Sempre da lì, da dove era appena arrivato. Oppure, da dove era appena finito (dipende dai punti di vista). Un tempo vivevo molto male la fine di un giorno. Poi, una sera, ho pensato al capolinea e, così, a bassa voce, mi sono messo a cantare.
I sogni dei figli
Testo e musica di Peppe FonteKeep the Beat
Pavone-FonteL'amore di nuovo
Testo e musica di Peppe FonteStraordinariamente
L. Beretta-G. SantercoleOmbrelli soli
Testo e musica di Peppe FonteIo non ci sono più
Fonte-PavoneFiglio di Zorro
Pavone-FonteChissà se è tardi
Testo e musica di Peppe FonteSciopero di un'idea
Testo e musica di Peppe FonteQuello che ti dirò
Testo e musica di Peppe Fonte